Mentre si discute ancora su quali modalità di smart working verranno scelte quest’autunno,
potrà sembrare controcorrente pensare che in molti non utilizzano le tecnologie digitali.
Le restrizioni dovute alla pandemia hanno profondamente modificato le nostre
abitudini e, durante i lockdown, l’accesso ad internet è stato l’unico modo, per molti, di non
rimanere isolati.
Eppure dovremmo ricordare che alcuni di noi, anche in Italia, hanno poca o nessuna
possibilità di usufruire di internet.
Stiamo parlando degli anziani, una delle fasce socialmente più deboli, che hanno un
approccio completamente diverso con il digitale. Infatti, solo 10 utenti di internet su 100
appartengono alla fascia d’età tra i 65 e i 74 anni mentre si scivola a soli 2 utenti su 100 se
consideriamo quelli sopra i 75 anni.
Le conseguenze sono particolarmente importanti per diversi motivi.
Il primo riguarda puramente la statistica: gli italiani con più di 65 anni costituiscono il 23,2%
della popolazione (siamo la nazione con l’età media più alta in Europa).
Questo vuol dire che quasi un quarto degli italiani non ha sufficiente accesso alla rete.
Cosa significa questo in pratica?
Che se da un lato la digitalizzazione di servizi essenziali come pubblica amministrazione e
sanità rende tutto più veloce e centralizzato, per moltissime persone questo diventa uno
sbarramento insormontabile.
Accanto a ciò, tutto questo crea un gap sempre maggiore tra giovani e anziani, portando alla
“ghettizzazione digitale” una grossa fetta della nostra popolazione che già in passato si è
mostrata vulnerabile all’isolamento sociale e che ora vede peggiorare la sua situazione per
mancanza di competenze tecnologiche o possibilità di accesso.
Eppure il Consiglio dell’Unione Europea, proprio alla fine del 2020, ha sancito che l’uso
delle tecnologie digitali è un diritto e che i Paesi membri devono garantirlo.
Quali sono i passi per migliorare questa situazione?
• Aumentare l’inclusione sociale dando spazio alle persone anziane nelle sedi dove
vengono prese decisioni sulla loro fascia d’età, con particolare attenzione alle donne
che, secondo le ricerche, sopra i 65 anni usano meno le nuove tecnologie.
• Puntare alla solidarietà reciproca tra generazioni con attività ricreative ed educative
dove le diverse competenze possano essere integrate.
• Mantenere l’alternativa non-digitale per il disbrigo di pratiche burocratiche o
attivazione di prestazioni nei servizi sanitari e sociali.
• Offrire agli over 65 corsi di alfabetizzazione digitale, dato che anche le ricerche li
trovano in correlazione con maggiore percezione di benessere, autonomia,
soddisfazione di vita e dei contatti sociali.
Le ricerche in campo sociologico e psicologico costituiscono un prezioso contributo nella
progettazione delle modalità più efficaci non solo di coinvolgimento di tutte le fasce d’età ma
anche di fruizione delle nuove tecnologie soprattutto dei non nativi digitali.
Gli psicologi, inoltre, offrono sostegno nei casi di isolamento sociale e intervengono con
progetti di psicologia di comunità.
L’obiettivo è quello di promuovere, tra le altre cose, la conoscenza delle risorse del territorio
e la consapevolezza tanto dei punti di forza quanto delle difficoltà caratteristiche della propria
fase del ciclo di vita.
Benino Argentieri
psicologo, ecoterapeuta

Bibliografia
Cattelan, V. (2018). Anziani e nuove tecnologie: la digitalizzazione come strumento di
inclusione in termini di autonomia e percezione di benessere. Bachelor thesis, Scuola
Universitaria Professionale della Svizzera Italiana).
Sitografia
https://ec.europa.eu/eurostat/statisticsexplained/index.php?title=Population_structure_and_ageing#Median_age_is_highest_in_Ital
y (consultato in data 05/09/2021).
https://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2020/10/12/improving-the-wellbeing-of-older-persons-in-the-era-of-digitalisation-council-adoptsconclusions/?utm_source=dsmsauto&utm_medium=email&utm_campaign=Improving+the+wellbeing+of+older+persons+in+the+era+of+digitalisation%3a+Council+adopts+conclusions
(consultato in data 05/09/2021)